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Non solo caffè. Intervista a Federico Lucas Pezzetta

Federico Lucas Pezzetta, anche conosciuto come “Coffee and Lucas”, è una delle star di Instagram. Non chiamatelo influencer però, perchè la definizione sarebbe davvero limitante. Federico è un comunicatore a 360°, che ama divulgare le sue conoscenze sul mondo del food e del caffè.

Ecco cosa ci ha raccontato di questo mondo di nicchia sconosciuto ai più.

Non solo caffè. Intervista a Federico Lucas Pezzetta

Ciao Federico. Ci parli di te?

Per vari anni ho suonato e cantato. In me c’è sempre stata una forte componente artistica. Questa creatività va di pari passo con quello che ho fatto negli anni successivi. Ho pubblicato canzoni, video, ep; mi sono avvalso della collaborazione di un producer che oggi si occupa di artisti come Mahmood; ci credevo molto e mi piaceva.

A 20-22 anni stavo finendo la triennale in Scienze politiche ed avevo capito che non avrei probabilmente avuto il successo che hanno i Maneskin adesso e quindi ho deciso di cercare un altro canale di espressione. Quello che facevo all’università non mi interessava, portai una tesi sul New deal solo perché avrei potuto parlare di fotografia, cinema e musica. Fu l’unica tesi che non fece addormentare i professori.

Perché hai scelto Scienze politiche e non il Dams, vista la tua spiccata creatività artistica?

Quando ho scelto l’università volevo fare musica, pensavo sarebbe stata quella la mia carriera e ho cercato di scegliere una laurea che apparisse più ‘concreta’ anche agli occhi di chi mi era accanto e non condivideva il mio percorso artistico. Non mi ero ancora mai avvicinato ad altre discipline, come ad esempio la fotografia.

Poco dopo però, grazie ad una mia ex (fidanzata di quel tempo) ho iniziato a realizzare che avrei potuto fare qualcosa con la fotografia. Commentò alcuni scatti che avevo fatto per gioco dicendomi che avevo ‘occhio’. Da lì iniziai ad interessarmi maggiormente alla fotografia.

Lei era laureata in filosofia ed era molto brava nel copywriting, frequentò un’accademia di trucco per acquisire ulteriori capacità da sfruttare per un progetto comune. Io scelsi di non frequentare corsi di fotografia perché ero già in un’età in cui – a mio parere – avrei dovuto provare a lanciarmi nel mondo del lavoro.

Se avessi frequentato l’accademia sarei uscito troppo tardi, cosa che purtroppo è successo a molti. Questo non vuol dire che non sia importante studiare, ma in quella fase storica era la decisione giusta per me.

Ho studiato da autodidatta e mi sono confrontato con professionisti. Nel frattempo sono nati YouTube e Myspace e proseguire con i social (Instagram, Facebook & co.) è stato naturale. Ho fatto foto ai matrimoni e reportage. Io e la mia ex abbiamo realizzato il progetto ‘More than labels’, una campagna andata molto bene. Finì su varie testate giornalistiche ed al Tg2, questo ci diede notorietà e credibilità.

Come è nata la passione per il caffè


Federico come ti sei avvicinato al mondo del caffè? Qualcuno nella tua famiglia è appassionato o lavora nel settore?

No, i miei bevono caffè come qualsiasi famiglia italiana, con la moka preparata male. Questo mondo piaceva a me, mi interessava il lato imprenditoriale, il fenomeno Starbucks; ho scoperto altri caffè, atmosfere, sapori, mi sono appassionato. E’ stata una visione, ho intuito che ci fosse spazio per dire la mia e creare un percorso anche lavorativo. E’ stato un qualcosa che ho incontrato a metà strada nella mia ascesa nel mondo della comunicazione

Non sono un bevitore di birra, assaggio pochissimo vino e bevo solo vini ‘strani’ (naturali), quello che ho sempre bevuto sono caffè, acqua, Coca-Cola. Ho sempre avuto la tendenza ad esagerare con ciò che mi piaceva e quindi conoscendomi ho sempre preferito evitare a priori. Il caffè dunque è l’unica bevanda che mi concedevo davvero. Ho visto una trasmissione su Report, ho iniziato ad assaggiare vari tipi di caffè quando ero all’estero, ho letto libri sul fondatore di Starbucks, ho iniziato a scoprire la micro galassia del caffè specialty. Mi è partita la ‘scimmia’ e ne ho assaggiati tanti.

Ho studiato la comunicazione in quell’ambito ed ho visto che non esisteva praticamente e ancora troppe aziende sono ancorate a schemi vecchi e maschilisti (le pubblicità hanno spesso per protagonista una bella ragazza, decontestualizzata, che beve una tazzina di caffè).

Federico Lucas Pezzetta

Mi sono detto che forse avrei potuto utilizzare le mie competenze per fare qualche lavoro. Hanno invitato me e la mia ex a Scandicci, ad una settimana di formazione con importanti trainer del caffè. Ci hanno chiesto di fare un piccolo videoreport ed alcune fotografie dell’evento.

Abbiamo deciso di girare un documentario sul caffè specialty e l’arrivo di Starbucks in Italia. Nei mesi successivi abbiamo continuato a fare sempre più lavori nel mondo del caffè e l’anno successivo è uscito il nostro documentario.

Nonostante non avessimo marchi sponsor dietro a spingerci, il documentario ha avuto una buona copertura – soprattutto su Facebook. È stato molto apprezzato anche fuori dall’Italia. Era un documentario italiano che analizzava in maniera critica il mondo del caffè in Italia, praticamente un sogno proibito per i produttori stranieri. Ci hanno invitato a Berlino, a Londra, in Belgio, ad Amsterdam, ad Oakland per proiettarlo.

Instagram e Coffee and Lucas

E come sei sbarcato su Instagram?

Io avevo una pagina Instagram, che era fortemente improntata sulla musica (che all’epoca pensavo sarebbe stata il mio futuro). Ho deciso di virare rotta ed improntarla sul caffè.

Raccontava la mia vita, un fotografo appassionato di caffè. Destò interesse soprattutto all’estero perché era la prima volta che un italiano non barista, uno che non c’entrava niente, parlava di caffè specialty, caffè filtro ecc ecc. La crescita è stata naturale, lenta e graduale nei mesi e poi sono iniziate le collaborazioni. Parallelamente a questo ho iniziato ad occuparmi di fotografia e cura dei social per l’ambiente food.

Mi piace moltissimo la fotografia di reportage, i ritratti delle persone (ma non in studio, sempre con un taglio di reportage). Mi occupo anche di produrre content creation da riversare non solo sui miei canali, ma anche su quelli di clienti per cui curo la parte social media. Negli ultimi anni ho cercato di portare la nicchia del caffè negli altri contesti food per creare collaborazioni creative.

Poco prima della pandemia abbiamo fatto un’edizione limitata di una pizza salata con il caffè da 180 grammi; a Casa Manfredi abbiamo creato un dolce, il Coffee coffee cruffin, che contiene caffè specialty e ho tanti altri progetti in lavorazione. Dove vedo la possibilità di far permeare questa nicchia del caffè, che è molto molto piccola in Italia, con altri campi lo faccio. È interessante, pop, fresco, è quello che cerco di comunicare alle aziende con cui collaboro e penso sia il plus del mio lavoro.

Il caffè in Italia ed all’estero

Parli di un mondo del caffè in Italia arretrato e di nicchia. Chi c’è dietro la produzione italiana del caffè?

In Italia, rispetto ad altri paesi, c’è lo scoglio della tradizione, che per tanti aspetti è la nostra forza, ma per tanti altri ci frena. Non voglio cancellare la tradizione, ma non apprezzo il discorso ‘Noi siamo i migliori a fare qualsiasi cosa’. La tradizione ha bloccato la possibilità di dare una scelta al consumatore.

Negli ultimi anni si è aperta una nicchia estera che ha iniziato a proporre nuovi metodi di estrazione e tecniche alternative. Il caffè più bevuto è il caffè filtro. Il caffè espresso si è diffuso in tutto il mondo non grazie agli Italiani, ma grazie a Starbucks. Al centro di Berlino ci saranno almeno 50 caffetterie specialty, a Roma non più di 5.

Federico Lucas Pezzetta

Si parla di tre onde del caffè. La prima è quella dei caffè istantanei, Folgers e Nestlè, il caffè alla cicoria, non si conosceva bene la materia prima. La seconda è quella degli anni ’80, l’arrivo di Starbucks, il caffè 100% arabica, più attenzione al prodotto.

La terza ondata in America è iniziata negli anni ’90-2000 con l’arrivo di caffetterie specialty come Stumptown o Counter culture, dove si fa attenzione al caffè utilizzato, come lo si tosta, da che paese proviene e tante altre cose. All’estero sono nella terza ondata, a ridosso della quarta, ed hanno consapevolezza maggiore. Noi siamo ancora nella seconda, forse al principio della terza.

In Italia non siamo disposti a pagare più di un euro per un espresso e per le caffettiere specialty questo significa avere un ricarico praticamente nullo. A Berlino prendi un cappuccino e sei disposto a pagarlo anche 3-4 euro, l’espresso 2-2,50 o anche di più se è di origine molto rara. Lì esistono anche i sommelier del caffè e si fanno degustazioni.

Alcune aziende medio grandi mi chiamano per collaborare. Si stanno aprendo nuove prospettive, vogliono avvicinarsi alle caffettiere specialty e vogliono migliorare la propria comunicazione. Lavazza, ad esempio, di recente ha fatto una microroastery che si chiama 1895 by Lavazza che propone caffè tostato in maniera più gentile.

Le aziende stanno cercando di fare comunicazione. Fino a qualche tempo fa era ancora molto vecchia e poco efficace, ora si sta investendo di più su un nuovo tipo di advertising.

Federico Lucas Pezzetta, comunicatore a 360°

Ti hanno soprannominato “l’influencer del caffè”, ti riconosci in questa definizione?

Trovo la definizione di influencer un po’ limitante. Non lo vedo come un disvalore, ma mi fa strano perchè vengo da dieci anni di un certo percorso ed ho determinate competenze. E’ come quando mi definiscono ‘blogger’ e non ho neanche un blog. Capisco che si cerchino definizioni ma non è esattamente così, credo di essere altro e fare altro. Probabilmente ho avuto un modo di comunicare che ha fatto informazione, forse mi vedrei più come un divulgatore.

Non ho comunque nulla contro gli influencer, anzi – se non usano metodi strani – mi piace molto che persone fuori dalla ‘cricca’ riescano a parlare di queste tematiche, lo trovo meritocratico (soprattutto se il lavoro viene portato avanti con rispetto ed umiltà).

A me il caffè piace tanto, lo bevo a casa e quindi il mio avvicinarmi a questo settore è stato dettato dalla mia voglia e dalla creatività nel comunicare. Mi sono detto ‘Ok la metto al servizio di questa materia’, come poi faccio con altre cose, ma ho dato un focus principale per larga parte del tempo. Quando ho iniziato ero l’unico e questo mi ha caratterizzato per un periodo.

Spesso si sbagliano e mi chiedono dove sia la mia caffetteria. Non c’è nulla di male, ma io non sono solo legato al caffè. Ci tengo a far sapere che non sono solo questo. So che se trattassi monotematicamente una sola cosa mi creerei una community più ampia, ma mi piace spaziare. Ho una formazione vasta e variegata, mi stuferei. A volte prendo anche posizione su tematiche sociali.

Federico Lucas Pezzetta

Nuovi progetti e tazze di caffè

Come ti vedi nel futuro? Pensi che continuerai in questo ambiente?

Nel futuro voglio comunque mantenere questa strada, ma parallelamente agli altri lavori che porto avanti nel mondo della comunicazione e del food. Credo molto nella contaminazione e quindi vorrei continuare a collaborare con chef e personalità di rilievo. E’ molto stimolante.

Federico concedimi un’ultima domanda che mi sembra d’obbligo. Quale è il tuo caffè preferito?

Ti posso dire quale è il mio modo preferito di berlo, più che il mio caffè preferito. Da atipico Italiano mi piace il caffè filtro, che è quello che noi rozzamente chiamiamo caffè americano. E’ il modo in cui preferisco berlo perchè nonostante l’espresso sia molto buono, lo bevo meno perchè è troppo corposo.

Se proprio devo scegliere un’origine – ma definendola in maniera generica – mi piacciono molto i caffè provenienti dal Kenya perchè solitamente sono juicy, fruttati ed hanno un’acidità vivace. Ne bevo almeno due o tre al giorno, la mia ricetta è 24 grammi di caffè e 360 ml di acqua.

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