Parla con il tono e il ritmo di una narratrice. Eppure, quando glielo faccio notare minimizza: “Ho sempre amato raccontare la storia della mia vita. Forse perché mi immedesimo spesso in quella degli altri”. Passa da un discorso all’altro senza fatica, ha una capacità innata di trasmettere emozioni a chi la ascolta.
Sceglie le parole con la stessa attenzione che riserva all’impasto della sua pizza. Si, perché Amalia Costantini è una donna dalle mille risorse: pizzaiola (o meglio, cuoca a tutto tondo), mamma (non a caso il suo locale, in cui lavorano anche i figli, si chiama Mater) e -all’occorrenza- anche una buona interlocutrice.
Grazie a lei, Fiano Romano è diventato uno dei punti di riferimento per chi vuole gustare delle ottime tonde gourmet fuori dal circuito della capitale. In effetti la sua pizzeria, inaugurata 5 anni fa, vanta già riconoscimenti prestigiosi, come i Due Spicchi della Guida Pizzerie del Gambero Rosso e i Due Forni di 50 Top Pizza, oltre a rappresentare una meta irrinunciabile per i lievitisti appassionati. Un successo ampiamente meritato, che rende onore al talento di Amalia.
“Amo il mio lavoro, quindi le persone capiscono che stanno assaggiando una pizza realizzata con sentimento e cura. Sono una donna semplice, spontanea, e attraverso gli impasti esprimo pienamente me stessa. L’obiettivo è vedere i clienti soddisfatti, perché dietro ogni loro boccone c’è uno studio che unisce creatività, dedizione e tanta fatica. Ma senza amore, non avrei nemmeno iniziato a cucinare!”
Ci vuole…un approccio sartoriale!
L’entusiasmo di Amalia fa venir voglia di sporcarsi le mani di farina, impastare, creare. Ma ora facciamo un salto indietro nel tempo, per capire come tutto ha avuto inizio.
Amalia, spiegaci da dove nasce questo amore viscerale per la pizza…
Prima di scegliere la pizza ho esplorato la cucina a 360 gradi. Sono cresciuta a contatto con la terra, in campagna, perché mio nonno era contadino. La passione per gli impasti lievitati me l’hanno trasmessa le nonne Amalia e Margherita, due cuoche eccezionali. Poi, quando ho avuto la mia prima figlia (Martina, maître di sala che cura anche il servizio da Mater, ndr), ho sfruttato i mesi della gravidanza per sperimentare in casa una serie di ricette dolci, avvicinandomi al mondo della pasticceria.
Quindi avresti voluto lavorare come pasticcera?
Forse sì, ma ho sempre amato la cucina in tutte le sue declinazioni: prima di aprire “Mater” ho frequentato corsi con Bonci, Giorilli e Anna Maria Palma. Nel frattempo, per necessità, lavoravo presso un’azienda tessile di moda: tutto un altro settore! Eppure, quest’esperienza mi è stata molto utile in seguito.
Facevi la sarta?
No, in realtà mi occupavo di ufficio campionario e passavo la giornata a stretto contatto con le stiliste. Fra cartelle di colori e modelli mi sono avvicinata al mondo del design: quel lavoro non mi appagava pienamente, certo, ma lo svolgevo con precisione maniacale e allenavo l’occhio a creare abbinamenti di tonalità e forme. Oggi posso dire che tutto, dal topping delle pizze all’arredamento di “Mater” (ideato da Amalia in fase di progettazione ndr), deriva dalla mia esperienza ventennale nel settore tessile.
Perché Mater?
A proposito di Mater, chiedo ad Amalia di svelarci l’origine del nome.
La parola “Mater” racchiude tanti significati. Da una parte indica il lievito madre che rinfresco ogni mattina per preparare la pizza, ma racconta anche un pezzo della mia storia. Sono diventata mamma per la prima volta da giovane e credo che la famiglia abbia un valore immenso.
Ho voluto dedicare la pizzeria a una persona speciale, mia cognata, che è venuta a mancare nel 2015: eravamo molto legate, credeva nelle mie capacità e ha sempre supportato questo progetto, aiutandomi a realizzarlo. Dietro l’insegna c’è una storia vera, di donne e madri che amano la famiglia e sono pronte a rimboccarsi le maniche per dare forma ai propri sogni.
Ora il tuo sogno ha preso forma. Cos’è che lo rende speciale?
Già prima che esistesse, pensavo a Mater come una casa accogliente in cui ricevere i miei ospiti. Questa pizzeria non è uno spazio neutro in cui mangiare! Il cliente deve sentirsi a suo agio e percepire il calore di un servizio umano. Siamo una famiglia e chi viene da noi per gustarsi una pizza, in quelle due-tre ore, entra di diritto a farne parte.
La gioia di insegnare
La famiglia continua ad allargarsi, anche oltre i clienti della pizzeria. Amalia, infatti, sta collaborando con l’Associazione La Chiave di Volta, un ente solidale che promuove iniziative gratuite a sostegno delle persone con disabilità.
Nella sede dell’associazione ha organizzato un laboratorio di cucina dedicato ai ragazzi affetti da autismo, per insegnare loro la preparazione di ricette dolci e salate. Ingredienti fondamentali: pazienza, empatia e amore. Amalia non entra nel dettaglio, è una di quelle persone che aiutano il prossimo in silenzio. Io ho trovato la notizia su Facebook e le chiedo di spiegarmi in cosa consiste il progetto.
Vedere il sorriso di quei bambini mi ha fatto capire quali sono le cose per cui vale la pena vivere tutti i giorni. Due ore del mio tempo possono renderli felici e aiutarli a sviluppare la manualità. Quello che mi torna indietro è impagabile: non avevo mai pensato di essere all’altezza dell’insegnamento e finalmente ho capito quanto mi piace trasmettere l’arte della pizza. Ora i ragazzi hanno imparato ad aprire le uova e, te lo confesso, non vedo l’ora di tornare a fare lezione. Con loro dimentico persino la stanchezza.
Amalia: la perfezione in punta di piedi
Amalia, ora che ti conosco non riesco a credere che tu abbia dei difetti. C’è qualcosa che non ami del tuo carattere?
Certo che ho dei difetti! Sono troppo maniacale: pretendo la perfezione da me stessa e ho sempre paura di trasmettere stress a chi lavora al mio fianco. Mi carico di lavoro anche quando potrei delegarlo, perché ci tengo a farcire ogni singola pizza e disporre gli ingredienti con un metodo preciso. A conti fatti ho 30 coperti nel locale, ma se consideri la fatica di gestire la cucina quasi da sola diventano 300! Con il personale sono puntigliosa, non bisogna fare errori. Se la pizza deve essere infornata a 25°C, un grado in più è già un problema.
Una sana voglia di alzare l’asticella, però, fa anche crescere.
Si, ha i suoi vantaggi. Infatti quest’anno abbiamo affrontato moltissime sfide, dal delivery all’elaborazione di un menu più articolato. Ho abbinato diversi tipi di Olio Flaminio alle pizze gourmet e per questo devo ringraziare la mia amica Irene Guidobaldi, una persona splendida a cui sono particolarmente legata. Le ho dedicato anche una new entry in carta, la Irene, da condire a piacimento con una bottiglietta d’olio che viene servita in tavola insieme alla pizza (un cadeau che i clienti possono portare con sé a casa, ndr)
Dev’essere una pizza davvero speciale. Svelaci un’ultima curiosità: sei sempre stata così perfezionista a lavoro?
Da quel che ricordo, si: lo sono stata sin da piccola e anche in altri campi. Ti dico solo che ho praticato danza classica con un’insegnante tedesca! Lì ho imparato a lavorare duro per ottenere risultati di un certo livello. E ho danzato per 12 anni.
Anche la danza ha influito sullo stile inconfondibile delle pizze di Mater: provare per credere. L’impasto coniuga armonia e leggerezza, l’equilibrio del topping è esaltato da volteggi di sapore inaspettati. Si muove con grazia anche la figlia di Amalia, Martina Sebastiani, maître di sala che gestisce il servizio con un’eleganza e una preparazione non comune. Come si dice? Il sangue non è acqua!
Foto gentilmente concesse da Gianluca Sebastiani
Lucia Facchini