”Incontro” è la parola chiave alla base della storia e della pizza di Bordo. I proprietari sono tre amici che hanno frequentato lo stesso liceo artistico e dopo aver preso strade diverse, hanno deciso di aprire una pizzeria nel quartiere Pigneto a Roma.
Insieme a Simone Rosati, proprietario di The Ground e The Factory, Matteo Rapisarda e Fabrizio Ricci hanno realizzato un progetto ambizioso, non solo: sono riusciti ad aprire un locale di successo in piena pandemia.
Ed è proprio la loro pizza ad essere stata una dei fattori determinanti per la riuscita del locale. Da Bordo tradizione napoletana e romana si incontrano per mettere d’accordo tutti su uno dei piatti simbolo dell’Italia.
Matteo: “L’unico fuori da questo contesto sono io, perchè sono un fotografo professionista. In questo momento storico particolare lavoravo molto meno, quindi essendo più libero e avendone la possibilità mi sono lanciato in questo progetto. Ho colto la palla al balzo per cambiare settore, anche se il fotografo continuo a farlo ogni tanto. Alla fine il periodo è stato paradossalmente buono per compiere questo passo, nel senso che ho intuito che era il momento migliore per farlo. Proprio per il fatto che in questo momento i fotografi stanno ricominciando a lavorare, ma negli ultimi mesi hanno avuto molta difficoltà.”
Fabrizio: “Mia moglie è Taiwanese. Con lei abbiamo aperto un bar a Taiwan dove facevamo primi e qualche altro piatto di cucina italiana. L’abbiamo aperto da due anni e mezzo e ora gestito da mia suocera. Ero tornato in Italia per la nascita di mio figlio, poi c’è stata l’occasione di aprire la pizzeria e per via della pandemia non ancora sono riuscito a tornare al bistrot.”
Com’è nata l’idea di aprire Bordo?
Fabrizio: Onestamente è stata un’idea di Simone. L’idea è venuta perchè la pizza è un piatto italiano che piace davvero a tutti e a noi l’idea di aprire una pizzeria ci è piaciuta da subito. Quando si è presentata l’occasione di poter aprire ci siamo detti “dai, proviamoci!”
Matteo: Sapendo poi che in questa zona, in questo punto preciso, mancava una pizzeria ci siamo detti “dobbiamo fare una pizzeria”. È stato un mix tra: la voglia di pizza che abbiamo tutti, perchè c’è sempre voglia di pizza!-ride- E un insieme di altri aspetti come la voglia di fare una pizza che accontentasse sia i romani che i napoletani.
La nostra è una pizza napoletana, ma con una cottura un pochino più lenta di quella napoletana. É una pizza che può piacere sia ai clienti partenopei che a quelli romani, anzi abbiamo tantissimi clienti che sono napoletani o comunque campani e tanti clienti di Roma. Abbiamo cercato di fare qualcosa che accontentasse un pochino tutti.

Mi sembra che l’idea di “contemporaneità” della pizza si possa estendere anche al locale…
Matteo: Si, abbiamo scelto un arredamento che non rimandasse alle pizzerie tradizionali. Anche per il colore abbiamo scelto toni che di solito non si associano a quelli caldi delle pizzerie tradizionali, come il rosso o il marrone. Per il locale abbiamo voluto dare un look un pochino più vintage, un aspetto di stile industriale e volevamo dare un’idea di “casa” attraverso spazi come la veranda. Volevamo un locale accogliente che si staccasse un po’ dall’idea classica della pizzeria tradizionale.
Perchè non avete messo entrambe le tipologie di pizza -romana e napoletana- nel in menu?
Fabrizio: Quello è un prossimo passo che vorremmo fare. Sappiamo che la pizza romana piace molto. Io stesso la preferisco sinceramente -ride-. Però è qualcosa che vorremmo fare più avanti. Abbiamo iniziato così, con questo prodotto che ci ha convinto subito e abbiamo voluto provare questa novità della via di mezzo tra napoletana e romana.

Avete aperto in piena pandemia a gennaio 2021. Com’è andata? Come siete riusciti a farvi conoscere?
Fabrizio: In realtà l’apertura era prevista molto prima di gennaio. Noi pensavamo già da settembre/ottobre di aprire, ma purtroppo hanno chiuso tutto. Eravamo arrivati a un punto in cui il locale era pronto e ci siamo detti “apriamo e vediamo come va”. Fortunatamente fin da subito la pizza è piaciuta molto e abbiamo lavorato con l’asporto. Appena possibile abbiamo iniziato con i pranzi al tavolo e così via. Abbiamo osato un pochetto, ma siamo stati fortunati.
Matteo: Durante i lavori, poi, c’erano tante persone che si affacciavano e ci chiedevano “quando aprite?”. C’era tanta curiosità dei passanti e questo ci ha rincuorati. I social, poi, sono stati fondamentali. Nel primo periodo ci sono state persone che sono venute da Ostia, Palombara… Questo perchè abbiamo investito nella comunicazione social in modo tale da raggiungere tutti quanti. Perchè se le persone sono incuriosite, ti vengono a provare. La scommessa sta nel mantenere le aspettative della comunicazione offrendo non solo un prodotto invitante visivamente, ma anche buono.

Secondo voi quali sono stati i motivi del vostro successo?
Matteo: Direi la novità di questo impasto a metà strada tra romano e napoletano, il luogo, la comunicazione sui social… In più Fabrizio si occupa della parte della cucina. Quindi i supplì, le crocchè, le montanare le facciamo qui, senza comprarle da fuori. Le persone lo vedono e lo apprezzano. Il prodotto piace perchè usiamo ingredienti di qualità come la farina Petra e il pomodoro Gustarosso.
Il nostro pizzaiolo Luca Fusacchia ha fatto un impasto di due farine ricche, macinate a pietra, con una percentuale di integrale. Sono molto nutrienti e donano un profumo migliore all’impasto. Insomma, un insieme di fattori hanno contribuito, tra cui uno studio approfondito e le conoscenze in campo dei fornitori da parte di Simone. Per l’olio ad esempio ci affidiamo all’olio Flaminio, la mozzarella viene dalla Campania. Sono tutti prodotti freschi, che ci impegnano di più perchè vanno lavorati, ma sono prodotti ottimi, fatti a mano, e lo senti quando mangi la nostra pizza.
É difficile aprire un locale a Roma? Lo consigliereste a un giovane?
Matteo: Io ti direi di si. È molto faticosa la parte prima dell’apertura, con tutte le carte, i permessi, i lavori, che impegnano tanto tempo. Come ad esempio la scelta dei materiali, che non costino troppo, ma che siano belli. É una fonte di stress. Molte cose che vedi le abbiamo fatte noi. Il bancone, la pavimentazione della veranda, altre rifiniture sono state fatte in parte da noi. Ci abbiamo messo proprio del nostro. Quindi si lo consiglio, ma ci vuole tanta pazienza e tanto coraggio, perchè può andare bene, come può andare male. Dipende dal luogo, come ti poni, cosa offri…la gente valuta tutto! Tanto per farti capire ci hanno fatto delle recensioni sulla musica che mettiamo. Le persone ormai valutano tutto.

Consigliami qualcosa da provare assolutamente quando si viene qui!
Matteo: Come fritti, la crocchè ricotta miele e noci e quella alla carbonara. Anche nei fritti abbiamo deciso di mettere la romanità e la “napoletaneità” insieme. Abbiamo le montanare e le crocchè che sono un classico della cucina napoletana, ma che abbiamo rivisitato. Se da una parte quella alla carbonara è l’insieme di queste due anime, l’altra è davvero golosa.
Come pizza fino a qualche mese fa ti avrei detto quella con crema di broccoli romani, guanciale e pecorino. Anche qui come vedi due simboli della romanità e della tradizione partenopea si uniscono. Tuttavia ad oggi, perchè usiamo prodotti stagionali, ti direi cipolla caramellata, gorgonzola e noci, ma c’è l’imbarazzo della scelta! Quella che preferisco io è una focaccia bianca, burrata, mortadella e pesto di pistacchio. Pizza e mortadella, come quella ci mangiavamo da bambini.
Ci sono altri progetti in cantiere?
Matteo: Diciamo che questo aspetto della pizza romana, potrebbe diventare un’altra esperienza. Non qui, perchè il prodotto è quello che vedi. Però chissà… altrove potremmo decidere di fare una pizza romana. Potrebbe essere un idea in cantiere, ma ancora non è detto -sorride-.
Da parte mia sto piano piano arricchendo le pareti del locale con opere di artisti del quartiere. Il mio sogno sarebbe quella di riempire il locale con quadri, foto, dipinti. Non tanto creare una galleria, ma mi piacerebbe che le persone identificassero questo posto anche per l’aspetto artistico. Sarebbe un modo per inglobare l’idea del quartiere nel locale.
