Da Barred le influenze della cucina romana e gli ingredienti della tradizione sono il punto di partenza per creare piatti all’apparenza semplici, ma preparati in maniera tutt’altro che prevedibile. È questa la cucina di Tiziano Palucci, chef e proprietario del locale insieme a suo fratello Mirko, controparte che si occupa del vino e sala. Un’ avventura e un progetto che inizia a Roma nel 2016 a due passi da piazza Re di Roma.
“Anche mio fratello stava nell’ambito della ristorazione, quindi era quasi “obbligatorio” unire le forze e fare qualcosa insieme. Lui si è sempre occupato della sala, dei drink e del vino, io invece sono sempre stato in cucina. Abbiamo unito le due professioni e abbiamo creato Barred.”
Due fratelli, vino naturale e cucina contemporanea
Raccontami del tuo percorso prima di Barred
Dopo aver frequentato la scuola alberghiera ho iniziato subito a lavorare. Sono andato con un amico a lavorare in un ristorante per 5 anni. Da lì ho continuato a fare varie esperienze di cui l’ultima è stata quella a Marzapane. Poi con mio fratello abbiamo aperto Barred 5 anni fa. L’ abbiamo fatto per avere un’esperienza tutta nostra. Avevamo cominciato il tutto con un’altra idea e un altro tipo di progetto che nel tempo si è spostato su un’altra direzione.
All’inizio non facevamo soltanto ristorazione, ma era un luogo polifunzionale aperto quasi tutto il giorno. Avevamo fatto molta ricerca sul caffè e offrivamo una proposta di gastronomia per il pranzo o l’aperitivo. In più alla fine della giornata, facevamo anche ristorazione. Piano piano abbiamo trovato la nostra strada e abbiamo scremato quello che ci stava stretto e abbiamo preso la direzione del ristorante al 100%. Ora siamo a tutti gli effetti un ristorante.
Come mai il nome “Barred”?
Per il nome ci siamo rifatti al proibizionismo quando si usava questa parola per i locali su cui erano stati posti dei divieti e chiusi. Su questi veniva messa questa parola: barred, “sbarrato”, per proibire alla gente di varcare la soglia di un posto che aveva servito alcolici. Ci siamo rifatti un po’ a questa idea perchè abbiamo trovato molti ostacoli all’inizio. Ti dico che è stato tutto un “questo non potete farlo, questo non si può fare”, poi suonava bene e ci siamo affezionati al nome e quindi l’abbiamo tenuto.
Descrivi la tua come una “cucina italiana contemporanea”, cosa intendi?
Barred ha una cucina apparentemente semplice alla fine. Il piatto non contiene più di 3, massimo 4 ingredienti che molto spesso fanno parte della tradizione della cucina italiana. Solo che noi li lavoriamo in modo diverso, in modo non comune e non classico. Ecco, per esempio, la trippa non si può e non si deve fare solo “alla romana”, con pecorino, pomodoro e menta. Ci sono altri mille altri modi di farla, così come le melanzane che non si possono fare solo alla parmigiana, ma anche lì in mille altri modi. É come dare un vestito nuovo a un ingrediente che è stato destinato soltanto alla tradizione, invece qui lo abbiniamo in maniera diversa, in maniera anche semplice, ma non banale, con una visione nostra.
Usare meno ingredienti è un modo per arricchire il piatto?
Sicuramente concentri più quello che vuoi far arrivare al cliente. Non hai distrazioni da troppi elementi e ti concentri a lavorare e cucinare quei pochi elementi in una maniera migliore, più attenta. Trovare un abbinamento tra loro, piuttosto che tra dieci ingredienti risulta da una parte molto più semplice al palato, ma senza perdere di complessità e sapore. Riesci a creare contrasti più netti, ad amalgamare meglio il gusto… questo secondo me, perchè questa è la mia visione di cucina. Cioè che troppi elementi creano confusione nel piatto, nella testa, in bocca. Mi ha sempre dato l’idea di una cosa confusa.
C’è qualche ingrediente che tendi a valorizzare di più?
Sicuramente il nostro menu si basa molto sul vegetale e sul quinto quarto. Entrambi sono molto presenti nei piatti. I vegetali, perchè penso che sia la cosa più varia e vasta che abbiamo a disposizione, pensa a un carciofo e a una lattuga, fanno parte entrambi del mondo vegetale, ma tra di loro c’è una differenza di sapore e di consistenza abissale. Il quinto quarto mi piace molto perchè è un taglio povero che si può valorizzare e renderlo un piatto che vale molto di più di quello che vale sul mercato. La tradizione romana poi, è ricca di quinto quarto e da vero testaccino quale sono lo lavoro molto.
Trovo particolare che il menu non sia diviso in portate. Come mai questa scelta?
In realtà è diviso molto bene. Perchè dopo gli antipasti ci sono le paste che sono piatti riconoscibili a tutti, quindi la mancata separazione è solo apparente. Già quando leggi la parola spaghetti capisci che si parla di primi piatti. In carta abbiamo circa una quindicina di piatti fissi in menu, poi 5-6 alla lavagna che offriamo in base alla giornata, alla settimana e rispetto a quello che troviamo come ingredienti stagionali.
Oltre alla cucina e il vino una passione che vi accomuna te e tuo fratello sono i tatuaggi
Si! Sia io che mio fratello ne abbiamo una buona quantità! -ride- Fin da quando eravamo più giovani abbiamo iniziato a tatuarci. In famiglia avevamo un cugino che tatuava e ha cominciato a scarabocchiarci lui. Ora ha iniziato anche mio fratello a tatuare quindi è proprio all’interno di Barred la fonte! Insomma, nel tempo libero ci divertiamo.
Si dice “fratelli coltelli”. Ti scontri mai con tuo fratello?
No, in realtà no. Ognuno si occupa dei propri compiti e va tutto liscio. Per fortuna siamo anche abbastanza sintonizzati sulla visione e sulle decisioni, quindi non abbiamo scontri. Andiamo abbastanza d’accordo. Anche con gli altri ragazzi che lavorano con noi siamo più amici che colleghi.