Cosa conosciamo davvero dal caffè? Sapevate che si tratta di un frutto e che i chicchi sono verdi? Neanche io! Ne ho parlato con Emanuele Bernabei, fondatore della Picapau Coffee Roastery.
Questa è una di quelle storie che dimostrano quanto un viaggio possa cambiare la vita!
Sì, perché Emanuele lavorava nell’ambito dell’informatica. Poi un viaggio di lavoro in Brasile, e tutto è cambiato, facendo sparire quel senso di insoddisfazione tipico di quando fai una vita che non ti appartiene.
Com’è avvenuta questa scoperta che ti ha spinto a fare del caffè il tuo mestiere?
L’ambito food mi ha sempre appassionato: sai quando uno si mette a fare MasterChef a casa?!
Mi occupavo di informatica fin da ragazzo ma sai quando ti svegli la mattina per andare al lavoro e ti senti il magone?
Quindi ho iniziato a guardarmi un po’ in giro e in Brasile ho trovato delle realtà che lavoravano con il caffè: li chiamavano “caffè speciali”.
Ho iniziato a frequentare dei corsi in una caffetteria/torrefazione di San Paolo, che poi ho scoperto essere tra le più rinomate in Brasile, in ambito di caffè gourmet.
E la scintilla?
La scintilla è iniziata proprio la prima volta che sono stato lì. Mi diedero il benvenuto con una bevanda, che non era l’espresso: sembrava una tisana, in tazza grande, senza crema.
Al primo assaggio notai che non era amaro, era piacevole anche senza zucchero!
È stata per me una rivelazione! Lo prepararono con uno strumento simile ad una di quelle caffettiere americane che si vedono in Friends, ma manualmente
Avevano anche l’espresso?
Certamente! Quando l’ho provato, era più simile al nostro espresso tradizionale, ma non era amaro e la crema era più chiara, riuscivi a berlo più facilmente!
Però ecco, ancora non ero esperto, quindi potevo basarmi solo sul gusto e sui confronti con il caffè tradizionale.
Poi ho studiato, sia in Brasile sia in Italia.
Organizzi anche tu dei corsi?
Sì, li organizzo per caffetterie e torrefazioni, quelle che vogliono alzare il loro livello, o per i professionisti che non conoscono la materia del caffè.
È importante che il maggior numero di persone conosca veramente il prodotto.
Fondamentalmente del caffè si vende tutto. Se una pesca cade a terra, marcisce; se viene colta prima del suo stato di maturazione, è immatura; se invece rimane sull’albero, diventa molliccia. Tu in quel caso non la mangeresti! Così deve essere per il caffè.
Qual è il processo di produzione di quel caffè?
Per rientrare nel caffè specialty, c’è bisogno che tutta la filiera sia migliore, a partire dal coltivatore, cioè da chi sta in origine in piantagione, che dovrà scegliere varietà botaniche specifiche.
Perché il caffè, come il vino, in origine è un arbusto, da cui nasce il frutto, dentro il quale ci sono dei semini, quindi a seconda delle varietà botaniche, di cui ce ne sono a centinaia, se non migliaia, alcune varietà attribuiscono alla tazza finale delle qualità migliori o peggiori, a seconda di quelle che uno sceglie.
Quando dovete fare una selezione, come riesci con tua moglie a capire quali scegliere?
Intanto c’è una selezione visiva. Di ogni caffè che noi serviamo, ci facciamo inviare una campionatura. Quella campionatura prima di tutto la guardiamo, la osserviamo, quindi ci rendiamo già conto se sia un caffè pulito, ovvero un caffè senza difetti, oppure no: controlliamo se ci sono eccessivi chicchi neri, fermentati, immaturi, troppi chicchi rotti, o altre varie problematiche.
Poi la cosa fondamentale è l’assaggio: tostiamo 50 grammi alla volta e attraverso il cupping, l’assaggio alla brasiliana, proviamo questi caffè e se rientrano nei nostri canoni, va avanti.
Dunque, test visivo sulla materia prima, il chicco verde, e poi sensoriale, attraverso l’assaggio.
Sono pochissime le persone che sanno che il caffè può avere dei problemi! Succede che arriva il tostatore, brucia tutto e il chicco fermentato o rotto o dove c’era l’insetto, neanche lo sai ma te lo bevi.
Il vostro messaggio riesce ad arrivare bene al consumatore?
Questa credo sia la parte più complicata, perché il consumatore finale, come lo ero io prima di avvicinarmi al caffè gourmet, più sano, è abituato al caffè del supermercato ma quello della grande distribuzione è un caffè scadente. Oltre a quei difetti poi il caffè viene anche bruciato, per annientarli, quindi in tazza avrai un caffè amaro, bruciato e nocivo.
So che per comunicare i vostri valori e le vostre conoscenze, avete anche un sito, con un blog molto interessante!
Sì, per ora lo curiamo personalmente, perché ci troviamo al primo anno di attività! Su questo anche il lockdown ci ha dato una spinta a fare di più.
Spesso parli di sostenibilità!
Normalmente, chi lavora con caffè speciali, è vicino anche al produttore. Quando acquisti questi caffè, sei quasi sicuro che il produttore e il coltivatore ricevano il giusto. Certamente anche nello specialty coffee, ci sarà chi trasformandolo in business, rovina la parte etica. Noi però evitiamo intermediari e lavoriamo con chi sappiamo che rispetta chi sta nel campo.
Dunque, un caffè etico, sostenibile e salutare: un caffè speciale.
Non resta che assaggiarlo!
Ludovica Aprico