Questa con Flaviano Pizzoli è un’intervista che richiede un po’ di premesse, soprattutto premesse linguistiche. Flaviano parla e vive di vino naturale senza pronunciare la parola naturale, tratta di economia circolare senza utilizzare i termini economia e circolare.
Flaviano però, abusa della parola senso. In questo senso dobbiamo interpretare e identificare ogni volta la sfumatura corretta. Alle volte è password, altre volte è safeword ma la maggior parte delle volte -secondo la mia interpretazione- è l’espressione di libertà di chi le definizioni ce l’ha un po’ sul culo, di chi tiene la cima lasca per lasciare al vento la sua indipendenza e all’uomo il compito di adattarsi, mai l’inverso.
Adesso arriviamo al sodo, giuro.
Nell’autunno del 2020, subito dopo la deflagrazione di quella cosetta chiamata prima ondata pandemica, Flaviano ha aperto la sua Enoteca L’Antidoto, nel cuore di Trastevere, curandone concept, design, comunicazione e proposta.
All’inizio della telefonata mi racconta di come il vino ci sia sempre stato nella sua vita, di come ci sia cresciuto dentro, di come il nonno si fosse costruito una cantina e di come facesse vino naturale senza sapere neanche cosa fosse.
Quando hai pensato che questa cosa potesse diventare il tuo lavoro?
La consapevolezza credo di averla avuta parecchio tempo fa, ma ho avuto paura non fosse mai il momento giusto. Mi sono sposato molto presto, non è andata bene e mi sono ritrovato a crescere due figli da solo. Diciamo che quando affronti vicissitudini di una certa portata, poi riesci ad avere una prospettiva diversa su tanto altro… tipo sull’aprire un locale in mezzo a una pandemia e fare un terzo figlio! [ride]
La tua enoteca non ha molti posti a sedere, la maggior parte dei clienti viene per portarsi bottiglie a casa o per sedersi e consumare?
Prima veniva molta più gente per l’asporto, adesso invece c’è proprio voglia di fermarsi, quasi tutti i nostri clienti vogliono mangiare o comunque sedersi, chiacchierare, vivere.

La selezione è di soli vini naturali?
Manco me piace chiamalli così…
Sono tutta orecchie, come li chiamiamo?
Vini di minimo intervento. Innanzitutto per bloccare e stroncare sul nascere tutti quelli che alla parola naturale ti rispondono “ma che vuol dire, biologico?”. La maggioranza dei nostri vini non è bio. Ci sono movimenti in Francia che rifiutano di associarsi a questo tipo di denominazioni. Non sono i vini di minimo intervento a necessitare di un bollino, perché è così che dovrebbero essere tutti i vini. Sono gli altri che avrebbero bisogno di un bollino con scritto “in questa bottiglia c’è chimica, sappiatelo”!
È un po’ la retorica tra forma e sostanza, della serie “è più importante quello che c’è scritto o quello che ti bevi?”
Ma infatti quello con cui mi scontro quasi tutti i giorni è proprio la questione della forma, della moda, di quanto faccia più o meno fico “bere il vino che puzza” che non necessariamente vuole dire “fatto bene”. Il vino fatto bene deve rispettare determinati criteri, che il vignaiolo segue in vigna, che il vignaiolo segue in cantina e che il vino abbia un’etica dietro. Quando è fatto bene poi ci sta chi è più bravo e chi è meno bravo, ovvio. Quello che è importante secondo me è insegnare, insegnare a bere ma soprattutto a conoscere e capire quello che bevi. Insegnare cosa significa portare quella determinata bottiglia su un tavolo di Vicolo del Bologna, di quel produttore ad esempio dell’Emilia Romagna che per mantenersi fa il vigile del fuoco e che lavora quella vigna da quando ha 18 anni.
Quindi bere naturale non è fico, bere naturale è giusto.
È giusto perché ha un senso. Un senso rispetto a tutto e un senso di rispetto a tutto. Per l’agricoltura, per il tuo corpo. Per assurdo trovi bottiglie di vino convenzionali che costano anche di più. Con 20-25 euro ti bevi dei vini francesi di minimo intervento che sono delle mine!
…questo senso è il significato?
Anche! Spesso è il motivo, per esempio stanno spuntando enoteche simili alla mia, ma si vede che non hanno un senso, si vede da quello che hanno in carta. Questo lavoro qua non lo fai per farci i soldi, lo fai per un senso più grande.
Effettivamente ci hanno cresciuto facendoci pensare al vino sempre in relazione al cibo, forse ci manca proprio la formazione per chiederci cosa ci sia dentro quello che beviamo…
Infatti lo dico sempre: in Italia si beve troppo poco vino!
Obbiettivi de L’Antidoto?
Sicuramente quello di essere sempre in evoluzione, che suona filosofico ma è proprio l’impulso fisico di non volersi fermare. Considera che del nostro menu base, almeno 4 piatti cambiano ogni settimana. Poi vabbè… abbiamo parecchi-parecchi progetti in cantiere, soprattutto in sinergia con altre persone e realtà. Un orto tutto nostro. Un frigo per frollare il pesce. Un lavoro sull’intero ciclo di vita delle materie prime che trattiamo, che non poi non è nulla di rivoluzionario eh, è quello che si è sempre fatto anche semplicemente a casa mia, come quando pulivi la zucca per cucinarla tenevi da parte i semi per metterli di nuovo in terra.

Immagino che L’Antidoto sia il vino, ma l’antidoto a cosa?
Allo stare male! Con L’Antidoto stai bene, non solo per quello che bevi e che mangi, proprio per il posto dove sei, che non ti impone niente e che vai bene esattamente così. Il vino è il tramite, “wine keeps things together” (cit.). Se una cosa si rompe il vino arriva e unisce. In famiglia, tra amici, tra amanti il vino è in mezzo, come il fuoco, ci si siede intorno e si sta bene.
Mi piace che sia un posto dove, finita la propria giornata lavorativa, le persone possano staccare la spina senza dover fare chissà quali pensieri o sforzi, come un’izakaya.
Le epifanie al sunto di questi 14 mesi dall’apertura?
Pensa che eravamo partiti coi taglieri! Avevamo appena aperto e dovevamo iniziare ‘soft’ con qualcosa che avvicinasse e rassicurasse, ma grazie a Dio siamo riusciti a liberarcene quasi subito. Oggi la cucina si è evoluta, addirittura adesso i salumi li facciamo in collaborazione, abbiamo il guanciale al polline!
Secondo te a che età bisognerebbe iniziare a bere?
Il vino fatto bene? M’arrestano! I miei figli di 12 e 8 anni hanno già assaggiato dallo champagne al vino invecchiato di 20 anni! Le cose che assaggi e che annusi quando sei piccolo ti rimangono, tu non te ne accorgi ma rimangono. Ancora oggi riesco a riconoscere in alcune cantine quella muffa specifica che nasce dal tufo e quell’odore mi riporta all’istante a mio nonno, perché quell’odore era nella sua cantina e per me è indelebile.
Prima cosa togliere il menu bimbi dai ristoranti?
Ma subito proprio!
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Flaviano Pizzoli e la squadra di Enoteca L’Antidoto, composta da Valerio Preziosi e Giulia Picaro potete trovarla a Trastevere, Vicolo del Bologna 19. Aperti dal mercoledì al lunedì, dalle 16 alle 23 e il fine settimana aperti anche a pranzo.
