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Jacopo Mercuro e 180 grammi di futuro!

La pizza romana riconquista la sua centralità.

Jacopo Mercuro è un ragazzo giovanissimo, con una carriera di successo, che nasce dalla voglia di approfondire anche quella che sembra una semplice passione per i momenti di relax!

E infatti, cosa fa per rilassarsi un laureando in Giurisprudenza, quando torna a casa dopo aver lavorato nello studio legale di famiglia? Prepara la pizza, ovviamente!
Ma la curiosità e l’intelligenza hanno portato ad uno studio approfondito, da autodidatta, anche di ciò che sembrava solo un gioco.
Da lì a un anno, nasce la sua prima pizzeria al taglio, Mani in pasta!
In pratica, una gavetta iniziata da imprenditore.

Io stavo dentro casa, con farine ovunque e a un certo punto mia madre mi ha detto << O te ne vai di casa o t’apri ‘na pizzeria! >>
Mi sono avventurato ed è stata una grande scuola per me, sia per la pizza, sia a livello gestionale.”

Ma arriviamo ad oggi: a 180 grammi, come sei arrivato?

Avevo voglia di aprire una pizzeria che facesse una pizza tonda e volevo creare un’identità: se io vedo un mio prodotto, lo riconosco, e quella è la vittoria, perché mi contraddistingue. Vedevo che c’era un grandissimo gap sulla pizza romana, quindi è stata una vera scommessa.

L’inizio è stato come quando mio padre, per insegnarmi a nuotare, mi ha buttato dentro l’acqua: traumatico! Però c’è stato un bel riscontro: fai da mangiare per le persone, le vedi felici e ti ripaga parecchio, oltre al fatto che sono aziende che vanno bene.
Però vedere il cliente felice, che mangia qualcosa che hai studiato tu e stai preparando tu, mi piace tantissimo, non mi pesa.

Avete restituito alla pizza romana la sua centralità!

Era un momento in cui si facevano solo pizze col cornicione, con alveoli grandissimi e bordi alti. L’azzardo è stato: facciamo il contrario! Tanto che poi adesso chiamarla “pizza romana” è anche riduttivo. Siamo partiti da quell’idea ma facciamo un altro prodotto: questa è la pizza di 180 grammi! L’abbiamo identificata come “la pizza romana del futuro” perché è un prodotto che parte dal passato ma è stato studiato per essere lanciato nel futuro, perché c’è da tantissimo ma abbiamo creato il modo di farla.

Cos’è che rende la tua pizza diversa dalle altre?

Abbiamo stravolto un pochino tutto. La pizza romana per tradizione si stendeva a mattarello e non ha cornicione; noi invece l’abbiamo stesa a mano, perché a me piace avere quel minimo di bordo, finissimo ma comunque presente. Per me è importante che si riesca a sentire il sapore dell’impasto senza condimento, e questo la contraddistingue. Dunque, la differenza sta nel mondo di farla: il modo di stenderla, il modo di cuocerla e il modo di andarci a studiare le materie prime sopra, con tecniche di cucina.

Per me anche gli ingredienti sono fondamentali, neanche li considero fornitori, per me sono compagni di viaggio, sono addetti nel settore come noi, che hanno una loro storia. Per me è importante che la nostra pizza abbia una storia e sopra la pizza ci sia la storia di altre persone che ci accompagnano nel percorso. Sulla mia pizza non può finirci qualcosa di persone che non conosco.
E poi sono sempre prodotti che seguono le stagioni, i menù si fanno al mercato: se un prodotto non c’è, si cambia pizza!

Secondo te come mai negli ultimi anni, le eccellenze stanno aprendo in periferia?

Io ho aperto in una zona che non è la mia zona e ormai la sento di adozione.

La nostra era un pochino una scommessa: se tu riesci a far funzionare un posto, anche lontano dal centro, e quindi riesci a far arrivare i Romani da qualsiasi zona e anche il turista spesso, allora funziona. E infatti ha funzionato!

Sicuramente c’è stato uno spostamento, perché verso il centro gli affitti sono veramente eccessivi, e a livello imprenditoriale bisogna mantenere i costi. E poi ciò che è cambiato è che secondo me, il Romano comincia ad avere più coscienza di ciò che si mangia e quindi per il buon cibo non gli pesa spostarsi.
La periferia vince se hai un prodotto vincente.

Vince la qualità, che deve essere anche affiancata dalla comunicazione. Noi facciamo una comunicazione vera, ed è importante perché deve arrivare quello che facciamo. Non ti posso solo mettere una pizza sul tavolo e farti capire quello che c’è dietro. Ce la gestiamo noi perché sappiamo noi quello che facciamo e sappiamo noi ciò che vogliamo far arrivare al cliente: è vincente il fatto che voi sentite il contatto con noi.

È anche vero però che sta nella capacità del professionista della comunicazione riuscire a trasmettere la personalità e il tono dell’imprenditore, con tutto ciò che rappresentano i suoi prodotti. Il professionista deve comunicare con l’imprenditore e far diventare virale il contenuto.

Esatto, mi deve conoscere e deve comunicare con me!

Tutto questo ha portato ad ottimi risultati e infatti Jacopo conclude dicendomi di aver sfruttato il periodo del lockdown per riprogrammare tutto.

Dopo due anni e mezzo, questo per 180 g è il periodo più florido a livello di qualità, stiamo facendo un lavoro grandissimo. Abbiamo proprio stravolto tutto, anche i prodotti classici che avevamo, come il supplì classico, abbiamo il tempo per rivoluzionarlo ancora. Quindi da una difficoltà, abbiamo trovato un’occasione per poter crescere ancora. Siamo tanto contenti!

Travolta dal suo entusiasmo, nonostante le mattine come insegnante al Coquis e le sere in cucina, al caldo, da 180 grammi, mi lascia con il suo modo per affrontare la fatica:

La sera io non esco dalla cucina se non ho mangiato la margherita con bufala, con olio a crudo!

Ludovica Aprico

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